La Morte che arriva

Posted in Opera with tags , on August 20, 2014 by docleucos
Dellamorte Dellamore - Massimo Carnevale

Dellamorte Dellamore – Dylan Dog

Massimo Carnevale

La Tomba di Dracula

Posted in Creature della Notte, Opera, Vampiri with tags , , , , , , on June 13, 2014 by docleucos

Quando si apre il vaso di Pandora della ricerca storica riguardante fonti mitiche anche gli studiosi dal profilo più impeccabile si lasciano andare ad un po’ di romanticismo, perdendosi a volte in voli pindarici tali da far impallidire il Pendolo di Foucault. Così ecco che gli storici più affermati si lasciano trascinare in teorie tutte da dimostrare (con ogni probabilità ad un certo punto compariranno anche i Templari, perché no? I Templari c’entrano sempre) basate su simbolismi e prove che definire vaghe è quasi eufemistico e forse fin troppo gentile.

Io non sono uno storico e ben mi guardo dall’addentrarmi troppo nei meandri della ricerca storico-archeologica: il mio interesse è sempre andato di più a curare i vivi che non i morti, per quanto questi ultimi siano indubbiamente più pazienti. Ma giacché in realtà qui si discute del non-morto per eccellenza, posso persino concedermi un piccolo excursus in un campo che non mi compete, lasciando aperta ogni disquisizione a riguardo a chi sicuramente è più esperto di me in materia. Esclusi i romantici.

I dati partono da un lago, in Romania. Nel mezzo del lago c’è un isola e su di essa sorge un monastero. Dal 1933 si dava per presunta l’ubicazione all’interno del Monastero di Snagov (questo il nome di lago, paese, isola e monastero) della tomba di Dracula.
Su chi sia stato, storicamente, Vlad III di Valacchia non intendo dilungarmi qui: chi è interessato all’argomento sicuramente già lo sa, chi non è interessato ne ha almeno sentito parlare e chi davvero si trovasse a corto d’informazioni al riguardo può veramente controllare su Wikipedia o fare una gita a Sighişoara per quel che mi riguarda. Basti sapere che sulla morte del suddetto voivoda le teorie si sono sprecate, finendo in un arrampicarsi sugli specchi con le mani sporche di sapone.
Considerato che le leggende su Vlad Tepes si diffusero immediatamente dopo la sua morte, grazie oltretutto proprio a Mattia Corvino per ovvi motivi di discredito, non è difficile immaginare per quale motivo la morte stessa di Vlad sia una questione ancora lasciata in sospeso, tanto da altalenare fra il dicembre del 1476 e il gennaio del 1477. Qui si entra nel ginepraio del -si dice- o -si tramanda- che dovrebbe far strappare i capelli ad ogni storico insigne degno di questo nome.
A stringere tutti i fili possibili si può arrivare alla conclusione che non si sa se Vlad sia effettivamente morto in quelle date, per mano dei Turchi che aveva servito e combattuto per tutta la vita, o se non sia piuttosto finito semplicemente prigioniero dei Turchi suddetti. E anche questo punto lascia aperte delle domande non indifferenti, giacché le fonti parlano della testa di Vlad trasportata a Costantinopoli.
Senza il resto del corpo.
Il che, secondo il mio umile parere medico, rende un po’ difficile l’opzione della prigionia. Ma forse sono di vedute troppo ristrette (per quanto la decapitazione risulti generalmente efficace anche contro i vampiri ma davvero, sono di vedute incredibilmente ristrette).
Possiamo a questo punto dividere il filone in due parti, giusto per desiderio di completezza e ricerca storica che tutti ci affligge.

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Monastero di Snagov, Snagov [Romania]

Il primo sarà allora quello che prende per buona l’opzione secondo la quale la decapitazione è una pratica contraria alla sopravvivenza e torniamo sul lago di Snagov, sull’isola omonima con il monastero omonimo che si fregia della Tomba di Dracula. Nessun’altra chiesa in Valacchia ha ancora rivendicato quest’onore, sempre che di onore si possa parlare, e gli scavi del 1933-34 hanno effettivamente portato alla luce un cadavere di sesso maschile. Con ancora la testa attaccata al corpo. Il che apre altre discussioni al riguardo, a meno che non si consideri che la decapitazione rituale turca consiste più in uno scuoiamento del viso del malcapitato che in un semplice tagliar la testa e via (siamo ancora nel XV sec. d’altrocanto:  condoniamo ai Turchi di non essere stati in grado di trasformare la decollazione in un sistema di massa come han fatto i Francesi qualche secolo dopo). Oppure il cadavere ritrovato potrebbe appartenere a Vlad II, padre omonimo del più famoso Impalatore. Ai posteri l’ardua sentenza.

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Santa Maria La Nova, Napoli [Italia]

Il secondo filone prende invece in considerazione la possibilità che il caro Vlad non sia stato decapitato affatto e che la sua testa a Costantinopoli fosse ancora saldamente attaccata al collo sottostante e insieme siano andati a finire nelle prigioni dei Turchi, che sono poco consigliate in qualsiasi guida turistica. Ed ecco che possiamo partire con altre romantiche teorie. Maria, figlia settenne del voivoda, dopo la prigionia o presunta morte del padre viene presa in adozione da una famiglia napoletana e si trasferisce nel Regno di Napoli, sposando poi un nobile napoletano. Si presume-si dice-si tramanda, che abbia riscattato l’amorevole genitore dalle grinfie dei Turchi e se lo sia fatto recapitare a Napoli, dove il Conte avrebbe poi trascorso gli ultimi anni della sua vita finendo infine sepolto in Santa Maria La Nova.
O meglio, questo ad oggi viene ipotizzato. Non sono ancora stati attuati scavi al riguardo quindi per quanto si possano avere due tombe (almeno presunte) del voivoda Vlad III di Valacchia in nessuna delle due si ha certezza di trovare il cadavere giusto.

O anche solo di trovarci effettivamente un cadavere, cosa affatto scontata visto di chi stiamo parlando.

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P.S.
Mi è stato fatto notare che alcuni lettori potrebbero considerarsi maltrattati dalle mie caustiche affermazioni. Farò ammenda risparmiandovi la fatica: Vlad III di Valacchia su Wikipedia.

La paura dei mostri

Posted in Opera on June 12, 2014 by docleucos

Ricordati che la natura è piena di meraviglie

I.

monstrum, i
Sost. nt. II decl.
(agg.: monstrosus, i)

1 prodigio, portento, miracolo, evento straordinario, cosa incredibile
2 mostro, essere prodigioso, creatura mostruosa
3 nefandezza, atrocità, atto mostruoso

II.

In un punto qualsiasi delle sperdute montagne del Tibet, per un colpo di vento, un monaco perde il suo berretto di pelo di yak, e il berretto cade giù dal dirupo, impigliandosi nei rami di un cespuglio. Per quella stessa strada di montagna ogni giorno passano altri monaci, che credono d’intravvedere tra le fronde l’ombra di un essere maligno. La voce si diffonde, e tutte le volte che qualcuno passa per quel sentiero vede ingigantirsi una creatura dai tratti sempre più spaventosi. Finché un giorno la creatura scompare dai rami e comincia a tormentare i monaci: li disturba in preghiera, turba il loro sonno e le loro meditazioni. vengono trovate le sue tracce in cucina, dove si è azzardata…

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Qirim

Posted in Opera with tags , , , , , on May 2, 2014 by docleucos

 

 

Mattia Ottolini, Qirim – Illustrazione per “Lo Stagno di Fuoco”

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Chiacchierammo, alla fine. Fu bello.

Ci insegnò un giochetto, uno di quelli che fanno i dannati. Si chiamava Qirim ed era un botta e risposta serrato e persino arguto. Era piacevole da fare, così, camminando. Uno stava sotto e gli altri, a turno, chiedevano: niente di più semplice, per distrarti.  Pensai subito alle anime che si aggrappavano a canzoni e cantilene e a quel gioco ossessivo, ripetuto. Qualsiasi cosa, pensai, pur di non cedere al dolore. Chiedere e rispondere, chiedere ancora. Mettersi in gioco, per non perdere la ragione.

 

“Qirim, ricordi? Quel passatempo infernale. Una variante complessa di un’annosa, sadica questione… vuoi più bene alla mamma o al papà?”
“Non capisco.”
“Domande e risposte. Scelte rapide. Solo verità. Nessuna bugia.”
“E’ una specie di sfida” spiega l’oste, più calmo “inventata dai dannati.” Al che il vecchio afferra le ruote della sua sedia da invalido.
“Non sai quel che dici, quindi: taci!” 
Si spinge intorno al tavolo, irritato, come se non avesse voglia di rivelare segreti ma vi fosse costretto per la colpevole, palese inettitudine del suo socio: “Fu opera dei demoni, innanzitutto.” 
Si ferma alle spalle di Kelly.
“Qirim era il nome alchemico di una pietra rara che credevano magica: il vetro libico. Una gemma lattea, traslucida, che prima dell’uso veniva scaldata sino a raggiungere i trentasette gradi, la temperatura del corpo. Quando era pronta veniva posta sul letto di un dormiente e quello iniziava a parlare, nel sonno. A qualsiasi domanda avrebbe risposto con la verità. 
Fandonie, naturalmente, ma questa è l’ambizione della pietra, come del gioco. Nacque per scoprire ciò che è nascosto. I demoni lo pensarono per questo, ma quando si diffuse fra i dannati divenne poco più che un botta e risposta leggero, per uccidere il vuoto e sopravvivere al supplizio. Mettersi ancora alla prova…”

 

Vuoi più bene alla mamma o al papà?

E’ il modo più facile per spiegare il Qirim. In qualsiasi epoca, in qualsiasi luogo c’è sempre un parente imbecille che ti prende da parte, quando sei ‘alto così’ , per farti questa domanda o una sua occasionale variante. Nel Qirim, per rispondere, hai a disposizione tre leve immaginarie. Se abbassi la prima, uccidi tua madre, con la seconda, tuo padre e con la terza, se proprio non te la senti di scegliere, te stesso.
Questa è la base, solo che, naturalmente, in ballo, non ci sono i tuoi genitori. Non solo: c’è qualsiasi cosa passa per la mente di chi t’interroga, e se è abbastanza furbo o ti conosce bene, può forzare i tuoi valori, i tuoi gusti o i tuoi sogni. Metterti a nudo. 

 

Nel Qirim i tuoi valori vengono forzati e sei costretto a scavare, a riviverli e spesso a ridefinirli, mondato dalla vita e dalla contingenza. Non ti è rimasto più nulla e quindi, paradossalmente, puoi scommettere tutto. E’ tutto importante -sacro- a suo modo. C’è sempre chi bara, come al vecchio gioco della bottiglia, solo che non ha più senso farlo. Se il disagio diventa insopportabile, potrai sempre tirare la terza leva, scegliere la morte. Non è facile, ma dopo toccherà a te, chiedere.

Potrai rifarti.

 

Per cosa rinunceresti a quello che hai? Cosa faresti per raggiungere la tua meta? Per cosa uccideresti? per cosa moriresti? Il realismo è ininfluente.
E’ un gioco violento, intimo. Non importa chi tu sia, c’è sempre una zona debole o un nodo da sciogliere. Più d’uno. 

Abbassi una leva e qualcosa scompare, o qualcuno. Senza soffrire. Tu sei l’unico responsabile di ogni perdita e l’unico a patirne: questo è il Qirim. Una prova e una sfida, un disagio morale, ma non per questo gestibile. C’è chi arriva alle ultime scelte cieco, muto, omicida o camminando su due dita. Spesso, alla fine, scegliere diventa così impegnativo che gettare la spugna sembrerà un sollievo, sennonché, uccidersi -se si gioca onestamente- è difficile.
Insostenibile, per molti.
Ma non triste.

La verità, sul Qirim -quello dei dannati- è che è più intenso che sadico, e che è un gioco. Arrivi in ginocchio o morto e sei già pronto per una nuova partita. E’ pericoloso come uno spogliarello, altrettanto emozionante. Da una parte devi credere a tutti, fingere intimamente che quello che dici sia vero: questo è terrible. Dall’altra quel che conta è esporsi, pezzo dopo pezzo, e farlo toglie il fiato. Chi chiede ti impaurisce ma la cosa più agghiacciante sei tu, cosa sceglierai alla prossima domanda.

Scoprirti, oltre a essere scoperto.

 

 

Daniele Nadir, Lo Stagno di Fuoco

Qoèlet

Posted in Opera with tags , , , on March 31, 2014 by docleucos

Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c’è niente di nuovo sotto il sole.
C’è forse qualcosa di cui si possa dire:
«Guarda, questa è una novità»?
Proprio questa è già stata nei secoli che ci hanno preceduto.
Non resta più ricordo degli antichi, 
ma neppure di coloro che saranno si conserverà memoria 
presso coloro che verranno in seguito.
Io, Qoèlet, sono stato re d’Israele in Gerusalemme. 
Mi sono proposto di ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. 
È questa una occupazione penosa che Dio ha imposto agli uomini, perché in essa fatichino. 
Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole
ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento.

Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.
Pensavo e dicevo fra me: «Ecco,
io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero
quanti regnarono prima di me in Gerusalemme.
La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza». 

Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza,
come anche la stoltezza e la follia,
e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento, 

perché molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere, aumenta il dolore.

Ecclesiaste. 1, 9-18

Vampiri – Archeologia e fonti mitiche

Posted in Creature della Notte, Opera, Vampiri with tags , , , , on March 31, 2014 by docleucos

Il mito del vampirismo ha origini estremamente antiche, tanto che trovare un mito progenitore al riguardo è oltremodo complesso; senza contare come creature simili siano presenti nella mitologia di quasi ogni cultura nel mondo, a prescindere dai contatti reciproci che esse possano aver avuto nei secoli. Aggiungendoci l’inquinamento delle fonti e la grandissima produzione di materiale basato solo su mere superstizioni ecco che si ricava un quadro a dir poco complesso. Che,  se non fossi solo un medico, potrei anche tentare di sbrogliare anche solo in minima parte: purtroppo me ne mancano le capacità, oltre che le conoscenze spicciole.

Mi limiterò dunque a presentare i miti, più o meno fondati, sui quali si basa quello che è oggi comunemente inteso come “vampirismo” (qualsiasi trasformazione del sostantivo “vampiro” continua ad essermi profondamente antipatica e la uso con quanta più parsimonia mi è possibile. Purtroppo a volte non riesco ad evitarlo). Molti di essi hanno subito, oltretutto, un’eccessiva demonizzazione all’interno della mitologia giudaico-cristiana, soprattutto quando si parla di miti provenienti dall’area vicino orientale, il che non semplifica il lavoro dei ricercatori, figuriamoci di un dilettante come il sottoscritto.
Fra i miti che hanno subito questo processo vi è indubbiamente quello di Lilith

Lilith [Lilitu] è una figura mitica risalente alle antiche religioni mesopotamiche e rappresentata come un demone della tempesta, portatrice di disgrazia e morte. In quest’ottica è evidente come la sua connotazione vampirica si sia sviluppata in seguito alle influenze della religione giudaica nell’area del Vicino Oriente e come molti altri miti (uno su tutti quello del Diluvio Universale) anche Lilith ha subito una notevole trasformazione nel momento in cui è stata inserita all’interno della cosmogonia ebraica, trasformandosi nella prima moglie di Adamo. La Lilith ebraica rifiuta la superiorità di Adamo nei suoi confronti e viene scacciata dal Paradiso Terrestre per lasciare spazio ad Eva. Solo su questo penso siano stati scritti innumerevoli saggi che non mi prenderò la briga di esaminare e citare qui, visto che in realtà sono ben poco attinenti all’argomento. Di fatto Lilith acquisisce tutte le connotazioni ritenute negative della femminilità, diventando un demone di predatore e lussurioso che attenta alla forza vitale degli uomini. La prima succube, se mi è concessa la definizione. In quanto predatrice di forza vitale, per quanto non abbia nessun’altra connotazione che la leghi al vampirismo in senso stretto, Lilith può comunque essere considerata come una delle figure fondanti del vampirismo stesso che solo in epoca ben più tarda si è scostato dalle creature sovrannaturali di natura demoniaca o spirituale per attestarsi sugli esseri non-morti. La tradizione (sulla quale sono sempre molto scettico oltre che effettivamente poco informato) fornisce a Lilith tutta una serie di caratteristiche comuni in altre culture: il volo notturno, l’infanticidio, l’antropofagia. Archetipi che poi si andranno a coagulare in figure differenti, che siano esse streghe o vampiri.

J.W.Waterhouse, Lamia / Gemaelde 1905 - J.W.Waterhouse, Lamia / painting 1905 - J.W.Waterhouse, Lamia, 1905

In area più propriamente classica le figure mitiche più note sono indubbiamente Lamie ed Empuse.  Va tenuto conto che nel mondo antico di matrice greco-latina la figura del vampiro non è affatto definita, anzi si ritrova spesso nel ruolo generico dello spettro o del demone. In questo ambiente rientrano Lamie ed Empuse, con le loro capacità di trasformazione in animali, il loro sedurre i viaggiatori per poi nutrirsi della carne e del sangue e l’infanticidio. Gran parte delle credenze del mondo classico si fondano su queste dame notturne assetate di sangue e questo si evolverà poi in una lotta alla stregoneria che influenzerà tutto il Medioevo, tanto che nel Malleus Maleficarum le stesse ostetriche vengono rappresentate come artefici d’incredibili delitti (come d’altro canto tutti coloro che hanno tentato di diffondere la scienza medica in un ambiente oscurantista. Poche cose han danneggiato la medicina come han fatto le credenze religiose), fino alla sovrapposizione fra streghe e vampiri nella figura delle strigoi di origine slava che uniscono le caratteristiche del non-morto al modello più diffuso della donna diabolica e figlia della notte, differenziatesi almeno nominalmente solo in periodo più tardo come Upyr (strigoi morti) e Strigoi veri e propri (o, almeno, ancora in vita). Da questi vampiri urlatori si sono poi evoluti i più noti Necurat, rapidamente diventato Nosferat e il Vrykolakas. Come i pipistrelli siano finiti dentro a tutta questa storia è abbastanza semplice, considerato il legame con l’oscurità che entrambi hanno e la convinzione presente in molte culture che i pipistrelli rappresentino la reincarnazione delle anime dei defunti.

 

Questo breve excursus non fa che sottolineare come il vampirismo sia un argomento problematico, poiché richiama immagini mitiche diverse e non tutte provenienti dallo stesso contesto culturale e storico. Per quanto il tema del ritorno dei morti e la paura ad esso legata sia un elemento condizionante posto alla base di una tradizione di lunga data, sarebbe limitante relegare il vampirismo nella tradizione dell’Europa dell’Est, oltretutto piuttosto recente. L’evoluzione più probabile è che nel mito del vampirismo siano andate a confluire esperienze ed immagini diverse, conformatesi sulla base della documentazione etnografica raccolta sì a partire dal XVII secolo, ma di origine ben più antica, arricchitasi di miti e simboli provenienti da mitologie estremamente diverse fra loro. Tanto da andare a ricercare origini del vampiro anche dove, probabilmente, questo non vi aveva nulla a che fare. Definire cosa sia un vampiro e cosa non lo sia è più complesso di quanto sembri e con una serie di sfaccettature notevoli, il cui unico punto in comune sembra essere un’atavica, insaziabile fame.

Dum loquor, hora fugit.

Ed è passato un anno.

Lo schermo dei Maghi

Posted in Opera with tags , on February 10, 2014 by docleucos

Dubito di essere l’unico a trovarmi così a disagio davanti a qualsiasi forma di magia. Non intendo in realtà questionare sul credere o meno in quello che la magia è (o rappresenta in alcuni casi); non intendo neanche addentrarmi sulla sua influenza effettiva. Quel che mostro è semplicemente il mio disagio davanti a qualcosa che non posso capire in profondità, e anche quando riesco ad arrivare ad un misero livello di comprensione scopro solo che è sempre meglio tener chiuso il vaso di Pandora: quel che vi è all’interno di rado è gradevole.

Ma non posso neanche completamente voltare la testa dall’altra parte, non quando così facendo rischio solo di non sapere dove sto andando. L’universo della magia sgomenta. E’ un universo privo di atomi, di relazioni fisse e prevedibili, semplicemente onde in movimento che non possono essere individuate da percezioni fisse. E’ un universo che non può essere visto, non può essere ascoltato, non esiste un unico punto di riferimento al quale aggrapparsi. La sola idea di addentrarmi in un universo del genere mi terrorizza. Un universo dove l’unica limitazione possibile, nel momento in cui si è in grado di piegare la realtà alla volontà, è l’immaginazione. Lo schermo dei maghi, l’immaginazione: l’unico sul quale possano disegnare sistemi e forme di qualsiasi tipo. 

Organizzare il caos, volendo. O produrlo, a piacimento.

Non che questo non abbia dei prezzi elevati da pagare, in un modo o nell’altro. Semplicemente la ricompensa è spesso troppo elevata perché ci si fermi davvero a ragionare sul costo effettivo di un potere del genere. Chi, potendo scegliere, non vorrebbe la capacità di accartocciare il mondo reale alle sue voglie.

E chi ancora, con quel potere, sarebbe in grado di mantenersi abbastanza ligio ad un codice morale di qualsivoglia forma per non abusarne.  D’altronde, se sono in grado d’invertire la spinta gravitazionale, le pieghe dell’etica sono un ostacolo fin troppo facile da sormontare.

Questo è uno dei miei grandissimi motivi di disagio con la magia. 

Quanta forza si deve possedere per riuscire ad essere giudice, giuria e boia di sé stessi, per non cadere in un circolo vizioso egorientato, solo perché il potere te lo consente. Si può sperare in un intervento esterno? Sono arrivato con fatica e sudore ad accettare l’esistenza della magia, sperare anche nell’esistenza di un Dio o più d’uno va oltre le mie capacità empiriche. 

Non è un potere che vorrei mai avere, non è una spada di Damocle che vorrei sulla mia testa. E ammetto che non penso avrei la solidità necessaria per mantenermi saldo nei miei propositi. 

Non l’ho mai avuta d’altro canto, o non mi troverei nelle condizioni attuali. 

Ma ogni tanto, solo ogni tanto, e penso sia normale per qualsiasi creatura senziente, scaturisce anche in me il pensiero “Cosa potrei fare se.” Se avessi davvero questa capacità di dipingere a mio piacimento sulla tela del fato. Se avessi lo schermo dei maghi.

E come ogni volta, mi ricordo che la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

I Vampiri – Socialità

Posted in Creature della Notte, Opera, Vampiri with tags , , on January 9, 2014 by docleucos

Uno dei fattori più interessanti da analizzare riguardo la figura del vampiro, inclusa la sua accezione più strettamente mitologica, è senza dubbio alcuno quello riguardante l’interazione sociale; a prescindere che sia condotta fra gli stessi vampiri o fra loro e gli esseri umani (prevalentemente). 

Premetto che in nessuno dei miei studi ho approfondito branche etnologiche o antropologiche (continuo ad essere un medico) e che di conseguenza le mie analisi riguardo i sistemi sociali risulteranno sicuramente ingenue ad un esperto del settore. 

 Dal punto di vista comportamentale i vampiri non sono sempre necessariamente animali notturni (questo dipende dalle varie razze e dalle problematiche che la luce infligge loro o meno: alcuni possono trovare nella luce solare un ostacolo insormontabile, altri un mero fastidio) ma sicuramente il loro periodo di massima attività si protrae nelle ore successive al tramonto. E’ anche il periodo in cui i vampiri, solitamente, tendono ad andare a caccia. In questa situazione i vampiri mostrano raramente un comportamento sociale del tutto stanziale, adottando piuttosto un parziale nomadismo: è difficile che un vampiro concentri tutte le sue energie in un unico rifugio, prediligendo averne uno svariato numero disposti in maniera ordinata sul territorio che intende controllare. Anche la formazione di clan (gruppi, congreghe, chiefdom, scegliete la definizione che preferite) e l’associazione in numero maggiore di due esemplari a volta può scatenare più dissapori interni che vantaggi. Sono esseri estremamente litigiosi.

Malgrado ciò, il vampiro tende a comportarsi come un predatore (quasi superpredatore, considerando che la sua preda prediletta sono gli esseri umani classificabili a loro volta come superpredatori sociologici per quanto biologicamente non rientrino nella categoria) se si ritrova a far parte di un gruppo per quanto ristretto nel quale può trovare la forza del numero anche verso le sue prede, mentre la difficoltà della vita nomade e solitaria lo conduce ad un comportamento più strettamente parassitoide. In sostanza, se in gruppo il vampiro ha la tranquillità di poter uccidere le sue prede una volta catturate, per il semplice motivo che sarà il gruppo a badare al suo sostentamento il giorno che non dovesse catturare una preda, da solo le sue energie sono concentrate nel mantenere la vittima in vita il più a lungo possibile per continuare a nutrirsene. Che anche il secondo comportamento porti alla morte della vittima (solo con una dilazione temporale notevole) è un dettaglio quasi trascurabile. 

 D’altro canto è più che prevedibile lo scioglimento prematuro di gruppi di vampiri: la socialità di esseri che sono in vita spesso da qualche centinaio d’anni tende a dimostrarsi distorta e in alcuni punti persino infantile, tanto che non è difficile vedere branchi interi scannarsi per motivi di futile gelosia, quando non si tratta della mera lotta per il potere. Aggiungendo a questo il comportamento paranoide della maggior parte dei vampiri si comprende molto bene perché preferisce muoversi da solo (o comunque all’insaputa del clan di appartenenza molto spesso). 

In sostanza quel che si viene a realizzare non è un insieme d’individui che cooperano per la propria sopravvivenza ma una massa di singoli che restano all’interno del gruppo solo per il tempo strettamente necessario malgrado la frequente presenza di legami di sangue più o meno profondi. I vampiri sopportano molto poco la compagnia dei loro simili anche quando non possono farne a meno. E il fatto che non abbiano reputato necessaria, durante i secoli, la costruzione di uno stato sociale articolato è senza dubbio alcuno una grandissima fortuna per l’umanità intera. 

 

Nei confronti degli esseri umani si mostrano con tutte le sfaccettature possibili ed immaginabili. La maggior parte preferisce comunque limitare le interazioni al minimo, laddove altri trovano diletto nel giocare come gatti con i topi per il mero gusto di farlo (e senza che questo costituisca il più delle volte una vera e propria sfida, che non accetterebbero di perdere). Alcuni si riavvicinano all’umanità per nostalgia, altri per gelosia, e per quanto ogni tanto l’intento non sia quello di produrre danno è estremamente difficile che un essere umano esca indenne da un contatto prolungato con un vampiro: se può risultare illeso fisicamente è molto probabile che non lo sia psicologicamente a seconda della profondità del rapporto instauratosi.

Più che predatori di sangue i vampiri, anche quelli di ceppo caucasico ben distanti dai miti dell’antica Grecia, risultano essere predatori di vita. E a questo si potrebbe rispondere dicendo che è normale, poiché sono morti. Personalmente ho delle difficoltà a classificare come “morte” delle creature che hanno ancora attività cerebrale.  E anche la definizione di “non-morti” mi sembra una fesseria degna di Lapalisse. Sono vivi. E’ semplice. 

 

E questo rende la mia classificazione personale sempre più difficile con mia somma gioia, ma tant’è.

Mater Morbi

Posted in Opera with tags , on January 5, 2014 by docleucos

L’ospedale è il luogo dove ci si sente più soli al mondo.
Non conta quanta gente possa venire a farti compagnia e darti il suo sostegno: la distanza che passa tra sani e malati è uno spazio infinito che neanche l’amore può colmare. La malattia mette chi ne è colpito al di fuori del consorzio umano. E per quanto amici e parenti possano volerti bene, nella parte più atavica del loro cervello ci sarà sempre un uomo delle caverne ansioso di allontanarsi dall’animale infetto che sei diventato.
Del resto, agli occhi di chi sta male, quelli in salute saranno sempre manchevoli, perché incapaci di comprendere il loro bisogno, perché ignari della loro sofferenza e perché colpevoli di potersene andare sulle proprie gambe.
Il malato è un vampiro assetato di vita e poco importa quante lacrime vengano versate per lui, non saranno mai abbastanza da placare la sua sete… nessuno è triste nell’abbandonare un ospedale e quel lieve senso di rammarico per i compagni di sventura lasciati indietro si scioglierà come neve al sole appena tornati in libertà.

Show me your teeth.

Posted in Creature della Notte, Opera, Vampiri with tags , on November 4, 2013 by docleucos

Fra le numerose credenze errate che si dipanano attorno alla figura del vampiro, una delle più evidenti (e dal mio punto di vista esilaranti) riguarda il segno, in realtà molto limitato, che rimane dopo un morso dello stesso. Sostanzialmente, secondo la credenza popolare, il morso di un vampiro lascerebbe traccia unicamente dei canini. 

 Per quanto sia estremamente affascinante pensare che un vampiro possa essere tanto delicato, considerando che il suo intento è sempre quello di aprire la vena della vittima e drenarle più sangue possibile (nel caso, immagino si dovrebbe rivedere la definizione di delicato), è estremamente improbabile che un morso del genere lasci traccia di soli due denti, pur considerando l’estremo sviluppo dei canini nella fisionomia dei vampiri.

Prima di tutto, perché i canini sono pur sempre quattro e subiscono ipertrofia anche i canini inferiori, per quanto in misura minore. Secondo poi, pur avendo delle considerevoli zanne, il rapporto di proporzione fra i canini ed il resto dell’arcata dentaria non è assolutamente così accentuato da impedire che rimanga segno degl’incisivi o dei premolari. Tanto per fare un esempio: lo stesso rapporto è di molto più accentuato nei serpenti (in questo caso, una comunissima vipera).

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Eppure persino il loro morso lascia traccia del resto dell’arcata dentaria. Un morso tanto profondo da parte di una creatura umanoide come si presenta il vampiro, produrrebbe quindi una traccia di gran lunga più ampia, includendo, pur con tutta la delicatezza del caso, anche i canini inferiori e gl’incisivi.

Non ci vuole molto, a questo punto, per comprendere che nel caso un vampiro vi azzanni alla gola difficilmente vi lascerà un misero segnetto facilmente occultabile da una qualsiasi sciarpa. Se siete sopravvissuti (il che é già di per sé improbabile) al morso in sé, una ferita del genere al collo porta alla morte per dissanguamento in brevissimo tempo, senza neanche considerare gli anticoagulanti che il vampiro tende ad inoculare per riuscire a nutrirsi con tutta la calma del caso della sua sfortunata vittima.
Per buona pace di qualsiasi idea romanzata che si possa avere riguardo al morso di un vampiro: farsi squarciare la gola è raramente piacevole e difficilmente men che mortale. 

Mi spiace.